I Catasti onciari, ordinati nel 1740 da Carlo di Borbone re delle due Sicilie, si proponevano di uniformare il sistema contributivo nel regno di Napoli con una equa distribuzione del carico fiscale tra tutte le fasce di contribuenti. A tal proposito, nel generale compiacimento, fu accolto il concordato con la Santa Sede del 1741 con cui si stabiliva che, per la prima volta, gli enti ecclesiastici erano obbligati alla tassazione sui beni, sia pure con lo sconto del 50% sull’imponibile. Un grande merito del catasto carolino. Esso costituisce non solo una ricognizione dei beni, case, terreni, animali e mutui attivi e passivi, ma una descrizione dei nuclei componenti i fuochi, abitanti, forestieri, ecclesiastici ed enti religiosi. Ci danno un quadro economico ma anche sociale ossia biografico, edilizio, religioso, topografico, toponomastico che tratteggiano il volto delle città nel ‘700. Rappresentano una fonte preziosa per la storia economica e sociale delle città del Regno nel secolo XVIII. è espressamente manifestata la volontà di sollevare i poveri da gravami fiscali eccessivi. I catasti carolini erano detti onciari perché, inopinatamente, la rendita imponibile stimata in ducati, moneta corrente, era tradotta in once, una antica moneta non più in uso…
Le due redazioni del catasto di Conversano nel 1753 e 1754
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Autore |
Luigi P. Marangelli |
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Lingua |
italiano |
Finito di stampare |
maggio 2019 |
Numero Pagine |
256 |
Sottotitolo |
Crescamus 27 |
ISBN |
978-88-9355-117-5 |
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Categoria: collana crescamus